mercoledì 30 settembre 2009

Alle radici dell'ordine della città europea

di Gianfranco Potestà

“L’avvenire del ‘nuovo’ è assicurato nella misura in cui esso attinge con metodi eterni da eterne fonti. Si crea, si  trova il nuovo solo sul piano dell’eternità”

( Henry va de Velde   1863 – 1957)

Premetto tre brevi citazioni propedeutiche che interessano l’argomento qui trattato che è relativo alla struttura dell’urbs. Le prime due sono del prof. Marco Romano, la terza è l’esergo della relazione che segue.

…… abbiamo perso il sentimento della nostra identità ……

…… prima della condizione tecnica c’è la condizione simbolica nel nostro tipo di società come di città, aperta, mobile e democratica …


Vorrei  a esprimere alcune mie riflessioni sul tema “città” che cercano di individuare e qualificare quelle radici dell’ordine della città europea che nella contemporaneità si sono forse perse o dimenticate o nascoste o rimosse. Assistiamo a pianti e lamenti da parte di intellettuali ed urbanologi sensibili e di personaggi della cultura per la perdita di qualità, di sacralità, di relazioni nella struttura fisica della città, a sconcerto di fronte a scempi o ad altre perdite, a desolazione davanti all’impotenza della cultura e all’incultura o sottocultura del potere incapaci di arginare il degrado e di recuperare principii, temi,consapevolezze e strumenti per una cultura ed una prassi per trovare unaqualità urbana perl’esserci da uomini e donne contemporanei nell’ urbs del nostrotempo. Mi domando : siamo in grado oggi, in quello che alcuni scrittori chiamano il tempo del capitalismo tecno-nichilista e della libertà immaginaria, nel fatto urbano, di vedere? di pensare? Magari di operare nella logica della gratuità? Come e dove cercare un approdo? Dobbiamo scuotere dai nostri sandali e dalla nostra mente la polvere accumulata nelle nostre città e riandare alle radici dell’ordine della città europea per  riscoprire una idea di urbs secondo una icona urbana strutturata secondo principii di sostenibilità, di sussidiarietà, di eco-compatibilità all’interno degli insediamenti-agglomerati urbani contemporanei.  

Disegno di "ordine" organico della "Radice" recinto consacrato per la Basilica di San Lorenzo a Firenze

La città ( per intenderci quellamorfologia fisica fatta di ‘struttura’ e di ‘storia’ a cui può essere idoneamente attribuita la parola città come icona di cellula urbana o di più cellule urbane linkate in una rete a invarianza di scala ) la città, dico, è fatta in una precisa maniera, anche se appare in molteplici varianti, altrimenti ne consegue il degrado fisico e sociale.  

E per quanto attiene al suo assetto e alla politica che lo genera, incompetenza ed infamità contribuiscono a generarne il degrado.  La città è una sintesi di struttura e di storia, e mentre la struttura tiene nel tempo, è pressochè costante, la storia invece è mutante ed è soggetta a mode e a modi.  Già qui ed ora possiamo porre dei picchetti per definire dei territori ove impostare la traccia di radici strutturali costanti, anche dove predomini lo spappolamento, la divisione, l’affastellamento, il sottosviluppo.  Va tenuto però anche conto che, oltre alla presenza di mani empie sulla città giusta che tentano di soffocarne gli aneliti di sviluppo, si cerca di travalicare le regole con norme improprie e con la deregolamentazioneche ceano caos, anarchia e appropriazioni indebite.  Considerando peraltro che l’anima è anarchica ( psychè = farfalla) e come tale può divenire anche fonte di mali radicali o metafisici, appare opportuno e doveroso ritornare a quelle radici dell’ordine della città europea.

Disegno di ordine "organico" per il sagrato sepolcreto "radice" della Basilica si San Lorenzo a Firenze

L’albero senza la radice non potrebbe vivere come albero.  La città senza radice non potrebbe vivere come città.  Alle radici dell’ordine della città europea c’è la radice di città, così come deve essere.  Radice di città è il recinto consacrato ove insistono : chiesamatrice-catecumenion-camposanto, e il camposanto risulta radice di radice di città.  Così è stato, così è, così sarà.  Troppo integralista o fondamentalista?  O è necessario riscoprire e risalire o scendere alle radici per riattualizzarle?  “ A livella “: come recita Totò nella sua poesia, l’unica cosa democratica, che ci lega alla terra come terra.  Mi domando: quale stretto rapporto tra vita-morte-città-chiesa come mistero-popolo-struttura?  

Questo scritto tende a un tentativo di ricomposizione ad unità di tre elementi smembrati e dispersi di cui dirò appresso e ad una riaffermazione della permanenza, nella dimensione dello spirito, della persona e della comunità.  Altrimenti non vi può essere riconoscibilità nell’urbs, cioè nella struttura urbana, della comunicazione dell’insieme dei misteri cristiani, fra cui gli escatologici. I tre elementi smembrati e dispersi sono : chiesa-matrice, catecumenion, camposanto, luoghi che invece dovrebbero manifestare la continuità e la contiguità del percorso di vita nella sequenza : “ progetto-nascita-comunione nella esistenza-morte-vitaeterna “ attraverso i momenti del percorso terreno “ dal battesimo alla comunione nel trinomio parola-liturgia-comunità alla sepoltura “        La chiesa-edificio non è una monade ma è un insieme di segni significativi come sopradetto, un insieme anche come segno visibile e percepibile, dal valore iconico, che all’interno della struttura urbana alberga quella “ comunione dei santi “ di cui al primo degli articoli escatologici del “ credoapostolico “

Disegno di ordine "organico" nella veduta prospettica rinascimentale

La chiesa-matrice è quel luogo ove nel fonte battesimale la comunità genera e gesta figli nella fede in Cristo, li accoglie nel suo seno fin dalla nuova nascita e li introduce alla appartenenza di popolo nella complementarietà del “mistero-popolo-struttura” col potere di rivelare dio all’uomo tanto profondamente quanto quello di rivelare l’uomo a se stesso. Nel catecumenion, la comunità così iniziata, in un cammino di aquisizione di consapevolezza radice di libertà e di vita, mette in grado i fratelli di giungere alla consapevolezza di essere figli nel figlio e figli e fratelli nella madre e amici di dio per gli uomini e di sentirsi amati gratuitamente, ciò che è già qui ed ora vita eterna, e a rispondere alle domande di libertà e di fedeltà individuale e comunitaria durante la vita terrena. Nel  camposanto la comunità permane, nella dimensione dello spirito, in quella  “comunione dei santi” che accomuna, come in vasi comunicanti, vivi e defunti nella vita eterna.  I defunti sono legati, uniti e vicini ai vivi, nella dimensione dello spirito, nell’attesa della resurrezione della carne, del giudizio, e della vita eterna, Se esiste allora una continuità ed una contiguità dei vivi e dei defunti che ci precedono e ci seguono nei legami affettivi è opportuna anche una riunificazione dei tre elementi smembrati della chiesamatrice-catecumenion-camposanto nel segno iconico, in città, del luogo immaginedella “comunione dei santi” che è radice di città, e che rappresenta nel tempo e nello spazio la continuità e la contiguità delle dimensioni della vita e della morte. Ma questo legame tra i tre elementi oggi è problematico, in quanto l’inumazione nel cimitero in città, all’interno della struttura urbana, anche per malintese ragioni igienico-sanitarie, non è più tollerata dalle norme e dalla cultura popolare. In generale l’attuale prassi della sepoltura dei morti, come per esempio l’inumazione in cimiteri fuori città, o come la cremazione ed una successiva dispersione delle ceneri, è prassi poco civile e tantomeno cristiana. In riferimento alle radici dell’ordine della città europea, il camposanto o sagrato-sepolcreto, radice di radice di città, spazio del silenzio e non dell’affastellamento, non è un luogo-altro, avulso, discosto, separato rispetto alla città dei viventi, ma non ne può che essere centrale parte congruente e concidente, insieme a chiesa-matrice e catecumenion. Il cimitero attuale, con la pratica della inumazione fuori città, risulta essere come “non-luogo”, una città aliena alternativa, un altrove, che allontana viventi e cari estinti ( e molte volte è sede di una fiera delle vanità ) e non permette la riconoscibilità della continuità e della contiguità di cui si diceva prima.

Presunto ordine urbano contemporaneo

Si può arrivare oggi, nella struttura della città attuale, ad una riunificazione dei tre segni chiesamatrice-catecumenion-sagratosepolcreto, che possono ritornare a formare, entro le mura, segno iconico di unità visibiledella “comunione dei santi”, solamente con la pratica della cremazione che permette di accogliere e di raccogliere le ceneri dei parrocchiani che scelgono di far cremare le proprie spoglie, nelle urne disposte, all’interno del recinto consacrato, nella città, nel sagrato sepolcreto della chiesamatrice accanto ed in organica unità col catecumenion. Si  verrebbe così a ridefinire questa unità dei tre segni come “ luogo urbano “. Attraverso questa riscoperta e questo riadattamento, Firenze, da città “ non luogo “ può tornare ad essere “ città luogo “ non solo luogo fisico ma anche luogo teologico.

Nel modello della città terrestre e celeste di Gerusalemme, selda e compatta, riconosciamo che: il proto-tipo della forma città pre-esiste come icona di trinità

Resta inteso che nell’approccio alle radici dell’ordine della città europea, questa testè descritta è solo la prima, anche se la più determinante, delle radici. Riguardo alle altre importanti componenti si procederà in seguito a definirle con approfondimenti successivi. Diceva Giorgio La Pira : “ La città è una unità organica che presenta ai suoi membri presenti e futuri tutti gli elementi essenziali per il sereno sviluppo della loro vita : la struttura stessa urbanistica è fatta per una finalità profondamente umana.  Mons. Timothy Verdon nel suo libro “ Il catechismo della carne “parla del Dipinto di Baltimora su “Città ideale” che presenta una situazione di ordine del tutto. Ordine che, per la Rinascita come già per il Medioevo manifestava la pace sociale, a sua volta “frutto” o meglio “opera” della giustizia. (urbs beata, visione di pace). Ma le condizioni e le situazioni dell’oggi sono diverse.  La organicità della cellula urbana e della sua logica comunitaria, come anche descritto su BimestraleSolidarietàCaritasFi n°3-2009 su “risorse della periferia”, al di là dello spappolamento nella contemporaneità, si scontra con le conseguenze prodotte anche da logiche urbanistiche decise “altrove” e incapaci di incidere positivamente, marginalizzando come periferico e come utopia ogni intento di comunità. La cellula urbana non organica tende a divenire spazio di attraversamento e di dispersione rimettendone in gioco il profilo di coesione con nuove discontinuità e forte indebolimento dei suoi confini che fanno migrare la socialità verso i non-luoghi del commercio e dell’evasione. Esiste peraltro un bisogno da parte di ogni urbanologo, che non si lasci trascinare da incompetenza ed infamità di offrire una risposta che sia, oltre a quella di definire, al di là delle contraddizioni, icone di organicità strutturale morfologica, anche quella di facilitare la promozione e la creazione di relazioni che riescano nell’obiettivo di incidere sul processo di progressiva perdita del senso di “custodia sociale” tipico della contemporaneità.       


Il blog di Gianfranco Potestà:  poteurbanologo.blogspot.com 

Tutte le immagini del presente testo sono state fornite dall'autore                                                                         

mercoledì 23 settembre 2009

CRITICITA'


Di Elena Ciappi

 

Un altro modo per definire il difficile concetto di SOSTENIBILITA’ può essere quello di descrivere il suo contrario: un contesto artificiale privo di qualità architettonica, di natura, quindi di vita, che risulta ad una prima impressione INOSPITALE.E che può diventare nel tempo fonte di costi ambientali, economici e quindi, sociali.

 

Spesso, soprattutto nelle periferie, ossia nei luoghi non storicizzati,la rigida geometria compositiva, oltre alla modestia dei materiali, e l'assenza di elementi ATTRATTIVI, determina una monotonia spaziale e percettiva.

 

Le caratteristiche edilizie derivate da un razionalismo impoverito, possono rendere un luogo particolarmente esposto alle variazioni climatiche più sfavorevoli, pioggia, eccessivo assolamento e determinare quindi un  dis-comfort ambientale.

L'assenza di elementi naturali, quali acqua, terra, vegetazione, in grado di mitigare le  condizioni ambientali e la presenza di infrastrutture e/o manufatti edilizi intrusivi,sono le ragioni che portano alla  scelta di  partire dalla  CORREZIONE bio-climatica e di tutta una serie di parametr

i percettivi  per riqualificare gli spazi urbani e favorirne la FRUIZIONE come documentato dalla ricerca RUROS svolta in ambito internazionale da alcuni Istituti Universitari.

 

Se da una parte si è arrivati, faticosamente, a poter quantificare e correggere il fabbisogno energetico del corpo edilizio (Certificazione Energetica), più difficile e complesso risulta arrivare alla quantificazione oggettiva delle condizione di alterazione del microclima locale in settori urbani più vasti , di cui si sta occupando una parte del D.A.S. ( Dipartimento Architettura Sostenibile, O.A.P.P.C. Firenze) ma il parametro contabile è solo un aspetto di un più vasto ambito in cui è decisivo il rapporto QUALITATIVO fra l’essere umano e quello che lo circonda, ragione per cuianche il Centro Storico rischia di diventare inospitale.

 

IL FATTORE UMANO

 

In uno spazio  la carenza o l’eccessiva specializzazione di funzioni determina una carenza di fruizione senza la fruizione, uno spazio comincia a connotarsi come desolato il luogo diviene abbandonato col rischio che diventi meno sicuro fino ad essere vandalizzato la mancata manutenzione o incuria ne determina il degrado, sia del costruito che del luogo apertouna piazza vuota, quali che siano le sue dimensioni, piazzale o cortile, suscita un senso di angoscia dato che l'essere umano tende a socializzare il vuoto, come la folla che è il suo opposto, determina una sensazione di disagio e di pericolo.

 

i segni, i SINTOMI sono la presenza di vegetazione residuale ed i graffiti, oltre all'accumulo di rifiuti

 




 








l'effetto quadro metafisico

 


 











 

“Offre più sicurezza un trippaio che una camionetta di militari” in questa battuta del Sindaco Renzi è sintetizzato un concetto molto complesso di sicurezza dei luoghi che, come l’analisi della Jacobs negli anni ’60, vede nella componente sociale di chi i luoghi li abita, il vero rimedio.

 

I mutati rapporti sociali della contemporaneità, apartire dalla trasformazione della famiglia da clan ad unità parcellizzate, portano alla scomparsa del senso di comunità coesa, con l'aumento del senso di inquietudine da isolamento quando non addirittura di aggressività.

Un altro fenomeno da considerare è la separazione fra abitare e svolgere un'attività nello stesso luogo (uscio e bottega) che ha portato al fenomeno dei luoghi dormitorio o alla creazione di SUPER LUOGHI in cui è una funzione specializzata a dominare e a schiacciare le altre.

 

Le teorie urbanistiche più attuali tengono conto che le condizioni della socialità non sono più legate esclusivamente alle condizioni spaziali (quantità, ubicazioni, standard funzionali) ma anche al fenomeno degli orari e quindi aitempi di fruizione: lo stesso luogo può risultare vissuto e animato in certe ore quanto desertificato in altre.  Ciò suggerisce che si debba andare oltre ai rigidi sbarramenti normativi, sindacali e economici in senso astratto, e commisurare la pianificazione alle singole realtà, locali o cittadine.

Troppe regole e DIVIETI condizionano i comportamenti più naturali senza eliminare quelli criminali.

 

Funzioni, tempi, clima, ma soprattutto SIGNIFICATO sono le variabili “immateriali” con le quali il costruito deve fare i conti:il benessere ambientale deve saper coniugare il benessere termico climatico (riparo) con quello psico sociale.

 

Un luogo per incontrarsi: a Shibuya il monumento al cane Hachiko, simbolo di fedeltà per avere aspettato anni il suo padrone, è il punto di riferimento di tutta la gioventù di Tokio, che vi si dà appuntamento.

 

Un luogo diventa abitato, animato, vissuto quando suscita un senso di appartenenza, radicamento, affezione, a condizione che le variabili “immateriali”entrino in relazione con quelle “materiali” del contesto costruito o pianificato.Per questo si può dire che il concetto di architettura della città va oltre la serie dei manufatti edilizi.

 

E' quindi opportuno pensare che un progetto di riqualificazione debba necessariamente tener conto o saper suscitare la sinergia con due ordini di componenti che SCONFINANO dall'operazione progettuale sulla forma urbana, (compito del tecnico progettista), per interagire sia con una strategia di pianificazione  degli obbiettivi e dei costi , (compito degli amministratori) sia con un'idonea indicazione  dei compiti gestionali e delle effettive possibilità di fruizione, manutenzione, organizzazione delle funzioni suggerite o predisposte.

 

Nell'area anglosassone si è addirittura costituita professionalmente la figura del manutentore a livello di unità residenziali o di villaggio, che svolge una serie di mansioni che da noi sono ancora casualmente e parzialmente assunte dall'amministratore di condominio e  fino a tempi recenti in alcune realtà urbane dal portiere.

 

Il rapporto fra amministratori, progettisti e utenza finale è ancora una procedura difficoltosa al punto che sia sta  delineando una disciplina che possa regolarne l'applicazione.

 

Una delle cause di questa difficoltà sta nella differenziazioni delle competenze,  e quindi di LINGUAGGIO, fra il livello economico-normativo, quello  progettuale inerente alla comunicabilità dei propri contenuti tecnici e formali, e la possibilità dell'utenza finale ad esprimere le proprie esigenze e le proprie valutazioni in un rapporto concreto di compatibilità.

 

I nostri piccoli eroi vanno incontro a una città inospitale.

 

Prevedere spazi per carrozzine e biciclette nei condomini, al di là di un superato concetto di decoro piccolo-borghese,  risolverebbe in un colpo solo problemi demografici e di mobilità

 

L'auspicata partecipazione non si attua senza un adeguato processo di FACILITAZIONE del dialogo fra i soggetti coinvolti in un'operazione di pianificazione o riqualificazione a livello urbano, dato che la differenziazione, sia sociale che di fasce di età, porta ad un'ulteriore difficoltà di traduzione degli stessa desiderata in istanze precise che possano orientare soluzioni o proposte tecnico gestionali.

Più che dare risposte, spesso arbitrarie, si dovrebbe puntare sulla possibilità di porsi e porre le DOMANDE corrette, e uscire da una fase di AUTISMO che le varie discipline sembrano attraversare.

 


Senza la presenza degli Animatori, anche nei luoghi progettati con grandi mezzi, a gente non riesce a comunicare

 

Da questa lunga premessa, constatato come giusta ed opportuna sia la serie di obbiettivi che l'amministrazione si sta  dando, si sono poste alcune ipotesi da cui individuare proposte progettuali

 

-       gli elementi costitutivi del progetto dovrebbero essere in primo luogo finalizzati al    miglioramento delle condizioni di benessere a livello di MICROCLIMA del contesto per facilitare l'uso degli spazi e  delle possibili attraverso un USO CONSAPEVOLE della VEGETAZIONE soprattutto esistente, al di là del luogo comune del verde usato come panacea.

Non è un TOT di ettari a “parco” di cui non si leggono i confini, che potrà mai compensare  la     DEPRIVAZIONE creata dalle cosiddette “riqualificazioni” annunciate da un taglio di alberi

 

-      INDIVIDUARE aree di fruizione  costituite a partire  dalle unità residenziali adiacenti (condominio) o allargate ad un bacino di più vasto raggio quale il rione o quartiere in grado da poter costituire COMUNITA’ per OBBIETTIVI (manutenzione del verde, tutela bambini, pedibus, attività ricreative)  in questo caso i costi sarebbero compensati dal valore maggiore in termini di possibilità di mettere in moto un processo di aggregazione delle relazioni interpersonali e  sociali, e di conseguenza una maggior remunerazione e quindi produttività di piccole attività economiche connesse che possono essere predisposte, la cui presenza attuerebbe uno scambio virtuoso sociale ed economico finalizzato alla CURA del luogo

 

-      STIMOLARE la ricerca di FORME che sappiano costituire un riferimento per l’immaginario collettivo, in grado di orientare la percezione di ciò che è un luogo a differenza di c

iò che per la sua indeterminatezza porta al NON LUOGO andando oltre al concetto di segno formale calato dall'alto di codici estetici e comunicativi estranei e non condivisibili.

 

Condizione necessaria è riuscire a trovare, e mettere alla base di tutto un ‘ethos condiviso’, al di là delle appartenenze politiche, basato sul principio di responsabilità individuale e collettivo senza che le due sfere entrino in conflitto e si escludano a vicenda.

 

 



















Tutte le immagini del presente testo sono state fornite dall'autore 

lunedì 21 settembre 2009

La concezione paesaggistica del progetto: dal giardino alla città

di Antonella Valentini,

con Simona Olivieri e Paola Venturi

Il progetto di riqualificazione della città richiede l’individuazione di una strategia a scala urbana, che permetta di potenziare le risorse esistenti in funzione di una logica di sistema e che successivamente possa essere declinata in disegno di struttura dei singoli spazi che la città offre. L’approccio progettuale che definiamo “paesaggistico”  - attributo non secondario ma essenziale in quanto il paesaggio è, secondo la Convenzione Europea, l’espressione reale e unitaria di natura e c

ultura, componente fondamentale del contesto di vita delle popolazioni, loro habitat - tende a privilegiare le relazioni, nella città e nel paesaggio, secondo il principio il tutto è più della somma delle parti, coinvolgendo l’intero organismo urbano, storico e contemporaneo.

Dare senso paesaggistico al progetto richiede una concezione etica su cui basare la visione patrimoniale delle risorse, il cui riconoscimento, all’interno del tessuto della città, permette la creazione di una struttura capillare fondata sulla attribuzione di valore agli spazi aperti presenti, sia quelli istituzionalmente identificati, sia quelli che non presentano tali caratteristiche ma in cui la quotidianità dell’uso ne sottolinea la necessità di caratterizzazione. Su ciò è possibile fondare una visione strategica dinamica, sensibile al mutare delle esigenze e delle culture.

Nelle città si evidenzia una serie di problematiche riferibili a diverse scale del paesaggio urbano: dalle carenze del linguaggio compositivo alla mancanza di ruolo funzionale degli spazi, fino alla casualità dei molteplici apparati dell’arredo urbano. Possiamo riconoscere alcune criticità ricorrenti di:

-       scala - mancanza di equilibrio di scala che riguarda sia il rapporto tra gli oggetti e gli spazi che li contengono,  sia le relazioni tra gli spazi

 e il sistema nel suo complesso;

-       relazionalità - carenza di relazioni del sistema degli spazi aperti, in termini di percezione della vicinanza tra gli spazi e della continuità del sistema;

-       segni -“squilibrio semiologico” relativo in particolare ai microspazi: ad una diffusa carenza di segni caratterizzanti, si contrappone in alcuni casi un eccesso di segni che rende difficile la lettura e la co

mprensione dello spazio.

-       immagine - indifferenziazione e incoerenza rispetto al contesto, con l’uso di linguaggi fortemente disomogenei, nell’architettura, nelle sistemazioni, negli arredi.

L’approccio alla rigenerazione della città non può più fondarsi su standard di tipo quantitativo, ma deve essere di natura qualitativa. La qualità del paesaggio urbano è certamente composita; non esiste una qualità globale intesa come somma algebrica delle singole proprietà, che sono di natura percettiva, ecologica, sociale,etc. La somma delle singole qualità – queste sì misurabili in quanto identificano condizioni di stato - non garantisce cioè la qualità complessiva del sistema, la quale probabilmente risiede in una dimensione più propriamente progettuale. Pertanto, essa deve essere perseguita in senso transdisciplinare, secondo una visione olistica, che abbraccia l’intero organismo di cui se ne comprende struttura e funzionamento.

Integrazione, ruolo e contemporaneità sono parole chiave utili a riconoscere questi due aspetti essenziali – strutturale e funzionale – della città. Integrazione vuol dire anche transcalarità, che, propria dei sistemi complessi, induce il pro

getto urbano a confrontarsi su livelli diversi, partendo da punti di osservazione che necessariamente si allargano e si restringono per fornire gli elementi essenziali al suo compiuto sviluppo. L’integrazione è riferibile alle competenze degli attori, ma è anche relativa agli spazi e, ovviamente, è di tipo sociale, poiché la multiculturalità propria delle città contemporanee esige la creazione di spazi idonei all’integrazione sociale. Il degrado dei luoghi urbani, ad esempio, spesso legato o attribuito ai nuovi utenti stranieri, sostanzialmente deriva dalla mancanza di integrazione: mentre gli abitanti “tradizionali” si ritirano nei centri commerciali, nei multisala, negli outlet, nuovi cittadini si ritrovano negli spazi storici di aggregazione.

   Il progetto deve, oggi, svolgere una funzione non solo tecnica, quale risposta a specifiche esigenze funzionali, ma anche culturale, apportando un importante contributo nell’azione di sensibilizzazione della società verso tematiche contemporanee. L’intera collettività ha un ruolo attivo fondamentale: il paesaggio in quanto luogo di vita delle popolazioni (sensu Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze 2000) – è “paesaggio” anche lo spazio quotidiano, la periferia come il centro storico - è una responsabilità di tutti, nei confronti di tutti. Percepire il paesaggio, anche quello degradato e compromesso, come patrimonio consente alle comunità di curarne la salvaguardia e la riqualificazione, come di svilupparne il senso profondo di fondamento dell’innovazione. Ciascuno opera ed imprime il proprio segno come un giardiniere di un giardino planetario, suggestiva immagine proposta da Gilles Clément, che scrive: “la Terra presa come territorio riservato alla vita è uno spazio chiuso, limitato dalle frontiere dei sistemi di vita (la biosfera). Insomma, un giardino. Appena enunciata, questa affermazione inchioda ciascun essere umano, passeggero sulla Terra, alle proprie responsabilità quale garante del mondo vivente che ha ricevuto in gestione. Ed eccolo diventare giardiniere”.

Chiave essenziale della trasformazione è la contemporaneità. La città oggi esige spazi innovativi, nei contenuti propositivi, nei lin

guaggi progettuali, negli strumenti di attuazione. I progetti di agricoltura urbana sostenibile, sia nella forma di proposte artistiche, che didattiche o finalizzate a trasformare gli spazi derelitti della città in progetti comunitari di coltivazione di frutta e ortaggi; i progetti di orti scolastici più specificamente rivolti agli studenti; i progetti  di integrazione sociale (giardini terapeutici, social housing…) che vedono nel sistema del verde il mezzo per ottenere benefici di ordine psicofisico, sono alcuni degli esempi applicativi possibili.

 La sperimentazione di nuovi percorsi ha bisogno di strumentazioni innovative che consentano un approccio creativo più flessibile e dinamico. Gli strumenti della pianificazione e gestione devono essere possibilmente olistici, capaci di superare gli approcci settoriali alla trasformazione che mal si adattano alla concezione del paesaggio come sistema complesso non riconducibile alla semplice somma delle sue componenti. Tra questi, i contratti di paesaggio, derivanti dall’esperienza dei contratti di fiume, sono sicuramente uno strumento interessante al cui sviluppo è possibile lavorare. E’ necessario pertanto inventare nuove modalità per raggiungere gli obiettivi di qualità prefissati. Gli obiettivi sono infatti molteplici  e convergono ad un unico e complesso progetto; solo a titolo esemplificativo tra questi possiamo individuare:

-       la gerarchizzazione funzionale e coerenza morfologica con la scala dell’immagine degli spazi pubblici;

-       la composizione morfologica aperta degli spazi pubblici per la formazione di sottosistemi unitari complessi;

-       la contemporaneità del linguaggio progettuale per la salvaguardia e la valorizzazione delle permanenze e delle memorie storiche della città;

-       l’integrazione strutturale e funzionale della vegetazione di alberi e siepi per il miglioramento della qualità dell’habitat urbano;

-       l’utilizzo misurato e progettualmente integrato dei sistemi di illuminazione, segnalamento e arredo degli spazi pubblici.

Il progetto diventa lo strumento per veicolar le qualità espresse o richieste a vario titolo dagli esperti e dalla popolazione nella trasformazione della città ai fini della creazione di nuovi paesaggi.

Tutte le immagini del presente testo sono state fornite dall'autore 

IL CONVEGNO

Il convegno svoltosi il 16 settembre ha avuto un notevole successo di pubblico e di interventi. Lo staff organizzatore del convegno ha pertanto deciso di procedere con la pubblicazione di tutti gli interventi del pomeriggio e succerrivamente appena ricevuta l'autorizzazione da parte degli oratori del mattino anche le più corpose relazioni di Sergio Los, Francesco Purini,  Marco Romano e Gabriele Tagliaventi. L'ordine con il quale saranno pubblicate le relazioni è assolutamente random.


La relazione del Prof. Sergio Los dal titolo: "La città solare"
da sinistra: Gabriele tagliventi, Franco Purini, Angelo Gueli, Sergio Los, Elisabetta vannini, Catrina Grisafi


La relazione del Prof. Gabriele Tagliaventi dal titolo: " Nuove città eco-compatte per il mondo che esce dalla crisi"
da sinistra: Gabriele tagliaventi, Franco Purini, Marco Romano, Angelo Gueli


La relazione del Prof. Marco Romano dal titolo:
"Come progettare una città: teoria e pratica"
in piedi sulla destra Marco romano


La relazione del Prof. Marco Romano dal titolo:
"Come progettare una città: teoria e pratica"
da sinistra: Gabriele tagliaventi, Franco Purini, Marco Romano, Angelo Gueli, Dario Nardella , Elisabetta Vannini


La relazione del Prof. Franco Purini dal titolo:
"Oltre Palazzeschi"
Da sinistra: Gabriele Tagliaventi, Franco Purini, Marco Romano, Angelo Gueli, Sergio Los