lunedì 21 settembre 2009

La concezione paesaggistica del progetto: dal giardino alla città

di Antonella Valentini,

con Simona Olivieri e Paola Venturi

Il progetto di riqualificazione della città richiede l’individuazione di una strategia a scala urbana, che permetta di potenziare le risorse esistenti in funzione di una logica di sistema e che successivamente possa essere declinata in disegno di struttura dei singoli spazi che la città offre. L’approccio progettuale che definiamo “paesaggistico”  - attributo non secondario ma essenziale in quanto il paesaggio è, secondo la Convenzione Europea, l’espressione reale e unitaria di natura e c

ultura, componente fondamentale del contesto di vita delle popolazioni, loro habitat - tende a privilegiare le relazioni, nella città e nel paesaggio, secondo il principio il tutto è più della somma delle parti, coinvolgendo l’intero organismo urbano, storico e contemporaneo.

Dare senso paesaggistico al progetto richiede una concezione etica su cui basare la visione patrimoniale delle risorse, il cui riconoscimento, all’interno del tessuto della città, permette la creazione di una struttura capillare fondata sulla attribuzione di valore agli spazi aperti presenti, sia quelli istituzionalmente identificati, sia quelli che non presentano tali caratteristiche ma in cui la quotidianità dell’uso ne sottolinea la necessità di caratterizzazione. Su ciò è possibile fondare una visione strategica dinamica, sensibile al mutare delle esigenze e delle culture.

Nelle città si evidenzia una serie di problematiche riferibili a diverse scale del paesaggio urbano: dalle carenze del linguaggio compositivo alla mancanza di ruolo funzionale degli spazi, fino alla casualità dei molteplici apparati dell’arredo urbano. Possiamo riconoscere alcune criticità ricorrenti di:

-       scala - mancanza di equilibrio di scala che riguarda sia il rapporto tra gli oggetti e gli spazi che li contengono,  sia le relazioni tra gli spazi

 e il sistema nel suo complesso;

-       relazionalità - carenza di relazioni del sistema degli spazi aperti, in termini di percezione della vicinanza tra gli spazi e della continuità del sistema;

-       segni -“squilibrio semiologico” relativo in particolare ai microspazi: ad una diffusa carenza di segni caratterizzanti, si contrappone in alcuni casi un eccesso di segni che rende difficile la lettura e la co

mprensione dello spazio.

-       immagine - indifferenziazione e incoerenza rispetto al contesto, con l’uso di linguaggi fortemente disomogenei, nell’architettura, nelle sistemazioni, negli arredi.

L’approccio alla rigenerazione della città non può più fondarsi su standard di tipo quantitativo, ma deve essere di natura qualitativa. La qualità del paesaggio urbano è certamente composita; non esiste una qualità globale intesa come somma algebrica delle singole proprietà, che sono di natura percettiva, ecologica, sociale,etc. La somma delle singole qualità – queste sì misurabili in quanto identificano condizioni di stato - non garantisce cioè la qualità complessiva del sistema, la quale probabilmente risiede in una dimensione più propriamente progettuale. Pertanto, essa deve essere perseguita in senso transdisciplinare, secondo una visione olistica, che abbraccia l’intero organismo di cui se ne comprende struttura e funzionamento.

Integrazione, ruolo e contemporaneità sono parole chiave utili a riconoscere questi due aspetti essenziali – strutturale e funzionale – della città. Integrazione vuol dire anche transcalarità, che, propria dei sistemi complessi, induce il pro

getto urbano a confrontarsi su livelli diversi, partendo da punti di osservazione che necessariamente si allargano e si restringono per fornire gli elementi essenziali al suo compiuto sviluppo. L’integrazione è riferibile alle competenze degli attori, ma è anche relativa agli spazi e, ovviamente, è di tipo sociale, poiché la multiculturalità propria delle città contemporanee esige la creazione di spazi idonei all’integrazione sociale. Il degrado dei luoghi urbani, ad esempio, spesso legato o attribuito ai nuovi utenti stranieri, sostanzialmente deriva dalla mancanza di integrazione: mentre gli abitanti “tradizionali” si ritirano nei centri commerciali, nei multisala, negli outlet, nuovi cittadini si ritrovano negli spazi storici di aggregazione.

   Il progetto deve, oggi, svolgere una funzione non solo tecnica, quale risposta a specifiche esigenze funzionali, ma anche culturale, apportando un importante contributo nell’azione di sensibilizzazione della società verso tematiche contemporanee. L’intera collettività ha un ruolo attivo fondamentale: il paesaggio in quanto luogo di vita delle popolazioni (sensu Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze 2000) – è “paesaggio” anche lo spazio quotidiano, la periferia come il centro storico - è una responsabilità di tutti, nei confronti di tutti. Percepire il paesaggio, anche quello degradato e compromesso, come patrimonio consente alle comunità di curarne la salvaguardia e la riqualificazione, come di svilupparne il senso profondo di fondamento dell’innovazione. Ciascuno opera ed imprime il proprio segno come un giardiniere di un giardino planetario, suggestiva immagine proposta da Gilles Clément, che scrive: “la Terra presa come territorio riservato alla vita è uno spazio chiuso, limitato dalle frontiere dei sistemi di vita (la biosfera). Insomma, un giardino. Appena enunciata, questa affermazione inchioda ciascun essere umano, passeggero sulla Terra, alle proprie responsabilità quale garante del mondo vivente che ha ricevuto in gestione. Ed eccolo diventare giardiniere”.

Chiave essenziale della trasformazione è la contemporaneità. La città oggi esige spazi innovativi, nei contenuti propositivi, nei lin

guaggi progettuali, negli strumenti di attuazione. I progetti di agricoltura urbana sostenibile, sia nella forma di proposte artistiche, che didattiche o finalizzate a trasformare gli spazi derelitti della città in progetti comunitari di coltivazione di frutta e ortaggi; i progetti di orti scolastici più specificamente rivolti agli studenti; i progetti  di integrazione sociale (giardini terapeutici, social housing…) che vedono nel sistema del verde il mezzo per ottenere benefici di ordine psicofisico, sono alcuni degli esempi applicativi possibili.

 La sperimentazione di nuovi percorsi ha bisogno di strumentazioni innovative che consentano un approccio creativo più flessibile e dinamico. Gli strumenti della pianificazione e gestione devono essere possibilmente olistici, capaci di superare gli approcci settoriali alla trasformazione che mal si adattano alla concezione del paesaggio come sistema complesso non riconducibile alla semplice somma delle sue componenti. Tra questi, i contratti di paesaggio, derivanti dall’esperienza dei contratti di fiume, sono sicuramente uno strumento interessante al cui sviluppo è possibile lavorare. E’ necessario pertanto inventare nuove modalità per raggiungere gli obiettivi di qualità prefissati. Gli obiettivi sono infatti molteplici  e convergono ad un unico e complesso progetto; solo a titolo esemplificativo tra questi possiamo individuare:

-       la gerarchizzazione funzionale e coerenza morfologica con la scala dell’immagine degli spazi pubblici;

-       la composizione morfologica aperta degli spazi pubblici per la formazione di sottosistemi unitari complessi;

-       la contemporaneità del linguaggio progettuale per la salvaguardia e la valorizzazione delle permanenze e delle memorie storiche della città;

-       l’integrazione strutturale e funzionale della vegetazione di alberi e siepi per il miglioramento della qualità dell’habitat urbano;

-       l’utilizzo misurato e progettualmente integrato dei sistemi di illuminazione, segnalamento e arredo degli spazi pubblici.

Il progetto diventa lo strumento per veicolar le qualità espresse o richieste a vario titolo dagli esperti e dalla popolazione nella trasformazione della città ai fini della creazione di nuovi paesaggi.

Tutte le immagini del presente testo sono state fornite dall'autore 

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