martedì 6 ottobre 2009

Riflessioni sul ritorno alla città

di Maria Luisa Ugolotti

Nell’approccio al tema Ritorno alla  città, permettetemi una breve riflessione, alcuni spunti di lavoro, alcune premesse:

1) la città

La città o secondo una vecchia dizione, l’arte di costruire la città, esiste da tempi immemorabili.

Da sempre la città è stata espressione di vita sociale, di una volontà imprescindibile, che tuttavia non poteva essere assimilata o limitata a uno dei canonici bisogni umani, come il nutrirsi quotidiano, il lavorare, l’avere figli, lo svagarsi, il conservarsi in forze.

La città in cui viviamo ne è evidente segno.




Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo, Siena, 1337-1340

La disarmante  bellezza e armonia, l’unicità, la “genialità”  fiorentina costituiscono per l’intera umanità un  punto di paragone unico e con un’espressione a me cara, si mostrano come una scintilla di infinito.

2) l’urbanistica

L’urbanistica non è semplicemente l’arte di costruire la città, e non è dunque un oggetto che si possa fare o guardare come un quadro o una scultura, ma è piuttosto la mediazione concreta tra atti e aspirazioni diverse, anche opposte e la sua dimensione naturale non esiste.

 

3) gestione della città e urbanisticaStoricamente, in certe particolari condizioni, dovute sempre a tempo e a luogo, la gestione della città ha generato un’urbanistica, allorquando si è trovata a contatto diretto con fenomeni  forti quali il colera, la miseria, una distribuzione ingiusta delle ricchezze, una ribellione endemica, la morale, il desiderio di giustizia, lo spirito di solidarietà e una razionalità intelligente.

 André Boll associato all’Ascoral nel 1942, è indotto a denunciare  (e questo per sostenere le sue idee simili a quelle di Le Corbusier  e ditanti altri) che a  Parigi su quattromilioni e mezzo di locali, due milioni non ricevono mai la luce solare. Così che l’esistenza della famiglia stessa, cellula fondamentale di ogni società è minacciata. La degenerazione rapida del cittadino e le sue turbe mentali, sono il loro punto di partenza nella vita che conduce alla città.

Nel quadro di allora, il bilancio “salute della città” è deficitario in ogni sua voce e nel suo principio essenziale, l’aria e al luce …. le statistiche  informavano che in Francia si moriva di tubercolosi ogni 5 minuti: 100.000 morti l’anno.

Aria e luce dunque, ma anche la “gioia di vivere” come l’allora  nuova classe intellettuale denunciava…. Questi propositi potranno sembrare poco “scientifici”, ma  pertanto sono queste nozioni di aria e luce che hanno introdotto nell’architettura e nell’urbanistica, lo spirito e la tecnica moderna che abbiamo sino ad ora conservato.

Sono queste nozioni che a loro volta, determinano un nuovo assetto urbano.

 Ma come tutti gli assetti urbani è fatale che alla lunga il suo spirito subisca una mutazione.

In altri termini il rapporto tra i bisogni sociali  si proietta direttamente sulla città, usando un nuovo strumento: è l’urbanistica, un sistema che in definitiva si sostituisce all’arte di costruire la città, anche se molti urbanisti moderni considerano ancora l’urbanistica come uno strumento da applicare per cambiare la città!


 





Le Corbusier, Ilôt insalubre n. 6, 1937

4)  qual è il criterio?

Il concetto stesso di criterio implica una scelta che introduce una azione dinamica della  stessa analisi. e in questo senso si può affermare che l’analisi contiene spesso un embrione di progetto.

Ora quali sono le emergenze da mettere a tema? Qual è  dunque oggi la nuova urgenza?

La composizione sociale di questa città, rispetto alla città materializzata nel centro storico si presenta nuova, l’epoca è cambiata.

Alla produzione di beni materiali, questa città ha sostituito la produzione di beni immateriali: il possesso e l’uso dell’informazione, la ricerca scientifica, l’impresa culturale e la creatività sotto tutte le sue forme.

Il punto forte appare proprio questo  complesso patrimonio culturale, dunque scientifico e tecnologico e dunque umano!

5) E allora quale futuro per la città di Firenze? con quali  risorse?

Non occorre dilungarsi molto perché sono sotto gli occhi di tutti le contraddizioni di questa città.

Il centro storico, patrimonio unico e immenso, grande e vera  risorsa per tutta la provincia,  è ormai snaturato nel suo essere e impoverito da servizi di bassa qualità, ... così che il cittadino abbandona il palazzo di via dei Servi, abbandona il centro e impoverisce oltremodo le sue relazioni urbane e sociali.

E’ necessario puntualizzare però che il fenomeno dell’emigrazione dal centro storico verso le periferie, si presenta sotto un doppio aspetto. Da una parte questo fenomeno si produce spontaneamente (in occidente) a partire dal 1945 per gli Usa, - d’altra parte - è il risultato della gestione stessa della città e dunque di un complesso sistema politico di espulsione (dal centro verso la periferia) che da molto tempo caratterizza la politica internazionale.

Metodologicamente e per pensare ad un contributo di costruzione per la nostra città, ritengo necessario avanzare una proiezione dello stato attuale per un tempo futuribile e generazionale di 30 anni, così che dallo scenario si possano desumere le priorità  e nel contraccolpo ipotizzare  una costruzione.-  

La metodologia, - benché non suffragata da dati medici o statistici,  - come ho potuto ricordare pocanzi per il caso francese, ma tali dati ed osservazioni sono evidenti, è la stessa di cui ai progetti di André Boll e di Le Corbusier -….

Procedendo quindi con un certo realismo senza dover aggiungere troppa fantasia potremmo immaginare una città il cui centro urbano, potrebbe essere ridotto a parco museale, con servizi ad esclusiva  ricezione turistica, mentre i quartieri storici sempre in maggior degrado, abitati quasi esclusivamente dai nuovi immigrati, poiché i cittadini avranno preferito residenze più comode e facilmente accessibili, nonché in prossimità di servizi qualificati.

Sempre a trent’anni, osserveremmo nuclei di aggregazione urbana  periferici,  talora degradati, senza centri e luoghi per incontro, poiché in queste aggregazioni extraurbane si  è concentrata solo edilizia popolare, che nella pianificazione è rimasta un fatto a se stante,  senza servizi puntuali e vitali.

L’attuale sistema viario irrisolto e caotico ora, tra trenta anni non potrà che suggellare lo stato di fatto: un centro per turisti e immigrati senza auto, una periferia spoglia, con grandi centri commerciali e corrosa dalle auto, su strade insufficienti con grandi strizioni poiché  appaltate e gestite da enti diversi, talora in disaccordo.

Il merito alle  reti infrastrutturali nel centro storico potremmo assistere poi alla tracimazione dei servizi fognari e di smaltimento (che sono dimensionati a Firenze capitale) e quindi al definitivo degrado di alcuni quartieri anche in termini di igiene e salubrità.

Dallo scenario evidenziato sorge inevitabile la domanda: sono disponibili  mezzi ed energie per intraprendere nuovi interventi di riqualificazione una diversa  ipotesi urbana?

Il tessuto urbano è saturo, ma forse è proprio da lì che si deve ripartire, rilanciare, riprendere la propria identità urbana, per passare poi a risolvere questioni infrastrutturali nevralgiche, dalla tranvia, all’aeroporto, ad una nuova viabilità.

Ri-innescare il desiderio di costruzione di un bene per sé, e quindi per la città.

Proviamo a pensare al governo della città non solo in termini di risposta a diritti e in termini di servizi, ma interroghiamoci sul  senso del servizio stesso.

Ricominciano a pensare all’individuo, come cuore della città.

Riflettiamo a questo proposito per esempio sul modo con cui si continua a ragionare in termini di casa popolare, così riusciamo a spiegare il perché delle nuove periferie.

Mi piace ritornare  all’esperienza di Fedric Le Play,  a la Méthode 

Sociale, del 1878, poiché pochi sociologici hanno avuto tale limpidezza di giudizio-

Nella sua opera alcune ipotesi, modelli sociali, modelli di sviluppo urbano, espressi poi in progetti urbani.

Riprendo un passaggio:

“Tutte le società prospere, - usa il termine prospero alludendo proprio a società felice ed economicamente sviluppata -mostrano un carattere primordiale inseparabile dalla natura umana: gli individui vi sono raggruppati in “unità sociali”, cioè per famiglia. Da sempre esistono nel seno di società prospere, un gruppo di elementi costitutivi che si possono dire essenziali. Sono questi che procurano agli uomini la felicità, cioè il fine comune dei loro desideri.

La costituzione essenziale, il nucleo centrale  è indicato con evidenza nello studio della storia come nell’osservazione dei popoli contemporanei. -

…. per continuare sino all’Assioma: la vita privata imprime il suo carattere alla vita pubblica, la famiglia è il principio dello stato!

 

Pierre-Guillaume-Frédéric Le Play

Rimettere al centro della città un soggetto, il nucleo familiare, la possibilità di formare famiglia,  di poter abitare la città, di far crescere e educare i figli alla pienezza e al bello di cui la nostra storia è testimone, questo appare come prioritario!

Così la questione dell’abitare si pone come questione centrale e nevralgica per rivivere il centro storico.

Torniamo a riprenderci il centro storico, torniamo a viverci. La dislocazione di università o altri servizi funzionali fuori dal contesto urbano, benché scelta orami obbligata per migliorare la qualità del  servizio stesso, impoverisce il tessuto urbano.

E’ necessario una diversa partecipazione alla città,  non solo in termini di discussione o presentazione progetti, ma nelle stesse modalità sancite dalla nostra costituzione, tra le  quali la sussidiarietà!!

E gli strumenti legislativi in questa direzione, non sto a dilungarmi,  ci sono vedi per esempio il ruolo potenziale della figura del promotore all’interno del nuovo Codice dei lavori pubblici ( L.163/2006), nonché la previsione del dialogo competitivo, etc etc.

La novità non è prodotta da un meccanismo pubblico!, può soltanto essere incentivata, aiutata!

Laddove non c’è questa priorità del sociale allora inevitabilmente il settore pubblico tende a riprendere spazio e forse ad andare anche oltre il consentito, ma in un disegno non sempre urbano, ma di pura amministrazione.

6) Ritorno alla città

Per concludere il primo fattore che consente al territorio di avere una forma, di materializzarsi in un disegno urbano  è  il soggetto che lo vive.

Quindi è questo il primo punto che deve essere il centro della preoccupazione per una istituzione pubblica che voglia incentivare una costruzione nuova.

E’ a partire da questo che l’architettura potrà trovare nuovi legami espressivi e dunque formali e non di pretesi rapporti storici.

Nuove referenze culturali impongono scelte diverse, relative al diritto della qualità della vita ed all’esistenza propria di ciascun individuo.

Credo che questa sia la possibilità di un ritorno alla città!

1 commento:

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